Presentazione

 

Con vivo interesse ho seguito l’iter e la conclusione di questo singolare lavoro curato amorevolmente da Alessandro Casuccio che ha trascritto il diario dell’omonimo nonno, degli anni giovanili, inedito spaccato della società siciliana di fine Ottocento, specie quella dedita al mondo dello zolfo, che da titolo al presente volume “Diario di uno zolfataro”.

Ringrazio l’amico Alessandro di avermi dato a suo tempo il privilegio di leggere il “Diario” appena trascritto, di apprezzarne il ricco contenuto, e concesso di riportare un prezioso brano in una mia pubblicazione del 2001 che affrontava la tematica. Allora, esortai la divulgazione integrale del testo perché i posteri attingessero utili informazioni su di un periodo storico volutamente velato dal silenzio per le evidenti problematiche sociali, di abuso e di violenze di minori di cui, nonostante i decenni trascorsi, molte famiglie portano ancora i segni, specie quelle del bacino solfifero della bassa Valle del Salso dove ragazzine, appunto “caruse”, erano utilizzate in maniera deplorevole per riempire i calcaroni!

Drammatici e toccanti sono i racconti dell’autore del Diario costretto dalla necessità familiare a fare da “caruso” al padre, picconiere, e subirne le molteplici conseguenze. Egli ripercorre i fatti salienti della sua vita, dal 1878 al 1905, soffermandosi sui ricordi più incisivi della sua infanzia e della sua giovinezza evidenziando con il suo semplice linguaggio aspetti socio-antropologici e consuetudini, ormai, desueti ma importanti per il riappropriarsi di alcuni codici, perduti dalla memoria storica.

Pagine, senza dubbio toccanti, scritte col cuore e con la rabbia da chi, in prima persona, visse i tragici momenti, poi, filtrati e raccontati al nipote sotto forma di storielle, tant’è che il curatore esordisce evocando ricordi infantili “anch’io avevo il nonno che raccontava le favolette”; storie vere narrate per non dimenticare le disumane condizioni dei lavoratori e soprattutto l’estenuante lavoro dei carusi delle miniere, costretti a subire le angherie dei picconieri. 

Parallelismi di pagine del “Diario” si riscontrano ne “La Sicilia nel 1876” di Franchetti e Sonnino che dedicano un capitolo al “lavoro dei fanciulli nelle zolfare siciliane”, e negli appunti di viaggio di Gaston Vuillier, del 1893, che descrive la giornata dei carusi tra gli innumerevoli e fumanti calcaroni di zolfo, preparati per fondere, che spargevano per l'aria un vapore pestilenziale, talvolta causa di morte di uomini e vegetali.  Proprio, intorno al 1880, l’inchiesta di L. Franchetti e S. Sonnino cercò di sensibilizzare l’opinione pubblica e il Parlamento dell’Italia post-unitaria sul problema dello sfruttamento dei bambini e adolescenti, nelle miniere siciliane.

Adolfo Rossi, giornalista della Tribuna, noto quotidiano del tempo, durante la sua permanenza a Campobello di Licata (AG) scrisse pagine indimenticabili sui carusi, le stesse che il giovane Alessandro Casuccio, seppur con un linguaggio semplice ma crudo, descrive nel suo racconto per certi versi più dovizioso di particolari.

Anche il Pitrè nel primo volume degli “Usi e Costumi del popolo siciliano” descrive lo stato di abbrutimento e le immani condizioni degli zolfatai (picconieri, spesalori, vagonieri, catastieri, arditori, etc,) e ne riporta le imprecazioni degli infelici ed oppressi carusi che per la fatica inveivano e lanciavano  contro tutto e contro tutti, proprio come il nostro autore che malediceva la sua “venuta al mondo”“Tornar a riveder le stelle” parafrasando Dante è l’auspicio e il sogno dei ragazzini che come Ciàula di Pirandello, venivano fuori, ad uno ad uno, dall’antro tenebroso (cannuni), con zaffate puzzolenti, a riscoprire la meraviglia del mondo esterno a loro precocemente negato; è indescrivibile la “grande contentezza” dell’autore alla semplice vista del treno che fischiettante spariva tra le gallerie di Passarello! 

Il presente “Diario” di nonno Alessandro squarcia finalmente il velo dell’omertà e ci fa partecipi della vita stentata dei progenitori alla fine dell’Ottocento che attingeva sostentamento da una labile economia estrattiva ed agricola ancorata a pratiche arcaiche nonostante i vani incoraggiamenti del Senatore Giorgio Tamajo, prefetto di Girgenti, auspicante una nuova società che, mettendo a frutto tecniche moderne, migliorasse quanto possibile la condizione e lo stato di salute dei minatori.

A tal riguardo, le cifre riportate da Vittorio Savorini, del 1881, sono impressionanti se si considera che circa il 20% dei lavoratori delle miniere era riformato nella visita di leva per deformità del “casso toracico” e per mancanza di statura, perciò inabile al servizio militare. Questa condizione permane nei decenni successivi e i riscontri sono riferiti anche dal Nicotra che, nel 1907, evidenzia la situazione dei tanti ragazzi di Campobello, così come di molti altri paesi, affetti da malnutrizione che presentano deformità corporali causati, soprattutto, dai lavori pesanti nelle miniere di zolfo.

Oltre ai problemi sociali accennati, nel periodo in esame la Sicilia fu percorsa da profondi fremiti di rivolta organizzati dai Fasci dei lavoratori, sorti per iniziativa di un gruppo di borghesi socialisti, e repressi duramente dal Crispi col plauso dei benpensanti della penisola. Le disumane condizioni dei lavoratori che vivevano nell’estrema miseria e nella semi-schiavitù furono ancora una volta ignorati, riluttando così la risoluzione ad una delle più gravi e annose questioni dell’Isola. 

Tanti dei problemi accennati sono racchiusi nel presente Diario cui va merito, anche, al suo curatore Alessandro Casuccio di farne scoprire attraverso la breve sintesi della sua puntuale premessa il microcosmo della “civiltà dello zolfo”, che ha segnato per circa due secoli la vita politica, economica e sociale della Sicilia centrale; un invito, dunque, attraverso la lettura, alla riflessione e alla discussione, un modo intelligente per riappropriarsi del nostro passato ma soprattutto della nostra memoria e identità storica. 

Campobello di Licata, Dicembre 2008.

                                                          Arch.  Calogero   Brunetto

                                                                               Tutor di Antropologia Culturale             

                                                                          Facoltà di Architettura di Agrigento,

                                                                              Bibliotecario della Società Agrigentina

                                       di Storia Patria

 

 

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